Dott.ssa Barbara Mercanti
Nel caso dei bambini  più che di un disordine alimentare è preferibile parlare di difficoltà legate alla paura o a particolari relazioni con le figure adulte di riferimento. La prima cosa che i genitori dovrebbero evitare di fare è “etichettare” questo disagio come una patologia, perchè c’è il rischio che ciò contribuisca all’instaurarsi di un disturbo vero e proprio.
Dinanzi al bambino che mangia in maniera eccessiva, i genitori mettono in atto due tipologie di comportamento: o insistono con discordi logici e razionali, affinché il bambino si metta a dieta oppure adottano la strategia del controllo, nascondendo gli alimenti, tenendoli sotto chiave o comprando lo stretto necessario. Spesso il genitore, non rilevando alcun cambiamento, piuttosto che cambiare la strategia inefficace, la intensifica senza rendersi conto che così facendo condurrà il proprio figlio a mangiare ancora di più.
I divieti e le proibizioni infatti, contribuiscono ad aumentare nel bambino il desiderio di ingurgitare  cibo e la sua compulsione ad abbuffarsi, pertanto, per interrompere il circolo vizioso di retroazioni che invece di risolvere, potrebbero  alimentare il problema, andrebbero adottate delle soluzioni differenti.
Per dare delle regole alimentari, sarebbe necessario concedere al bambino la possibilità di scegliere i cibi che gradisce maggiormente  e fare in modo che questi vengano mangiati solo all’interno dei tre pasti principali (colazione, pranzo e cena). In ogni attività in cui si rilevano delle difficoltà  per il bambino,  si parte da ciò che lui predilige o da ciò in cui riesce meglio, affinché impari a gestire la frustrazione in modo graduale. In questo caso il bambino mangerebbe ciò che gli piace più, ma solo ad orari prestabiliti: questo contribuirà a fargli acquisire un maggiore controllo sui suoi irrefrenabili desideri e su se stesso.
I genitori  non si rendono conto che talvolta sono proprio loro a rendere un comportamento  perseverativo e quasi patologico,   perché arrivano a dare troppa attenzione a delle condotte alimentari che potrebbero essere solo occasionali. Occorre un occhio attento e sensibile ai minimi cambiamenti , non solo comportamentali ma anche emotivi-relazionali del bambino,  che se si mantengono nel tempo, necessitano di  un’analisi accurata e di una strategia di intervento mirata.
Con le limitazioni e la razionalità non è possibile intervenire fin dall’inizio per tamponare il problema, perché questi saranno gli obiettivi ultimi che il bambino dovrà perseguire e noi dovremo aiutarlo gradualmente in questo processo di acquisizione della consapevolezza di sé e delle conseguenze delle proprie azioni sul suo corpo.Nel caso dei bambini  più che di un disordine alimentare è preferibile parlare di difficoltà legate alla paura o a particolari relazioni con le figure adulte di riferimento. La prima cosa che i genitori dovrebbero evitare di fare è “etichettare” questo disagio come una patologia, perché c’è il rischio che ciò contribuisca all’instaurarsi di un disturbo vero e proprio.Dinanzi al bambino che mangia in maniera eccessiva, i genitori mettono in atto due tipologie di comportamento: o insistono con discordi logici e razionali, affinché il bambino si metta a dieta oppure adottano la strategia del controllo, nascondendo gli alimenti, tenendoli sotto chiave o comprando lo stretto necessario. Spesso il genitore, non rilevando alcun cambiamento, piuttosto che cambiare la strategia inefficace, la intensifica senza rendersi conto che così facendo condurrà il proprio figlio a mangiare ancora di più.I divieti e le proibizioni infatti, contribuiscono ad aumentare nel bambino il desiderio di ingurgitare  cibo e la sua compulsione ad abbuffarsi, pertanto, per interrompere il circolo vizioso di retroazioni che invece di risolvere, potrebbero  alimentare il problema, andrebbero adottate delle soluzioni differenti.  Per dare delle regole alimentari, sarebbe necessario concedere al bambino la possibilità di scegliere i cibi che gradisce maggiormente  e fare in modo che questi vengano mangiati solo all’interno dei tre pasti principali (colazione, pranzo e cena). In ogni attività in cui si rilevano delle difficoltà  per il bambino,  si parte da ciò che lui predilige o da ciò in cui riesce meglio, affinché impari a gestire la frustrazione in modo graduale. In questo caso il bambino mangerebbe ciò che gli piace più, ma solo ad orari prestabiliti: questo contribuirà a fargli acquisire un maggiore controllo sui suoi irrefrenabili desideri e su se stesso. I genitori  non si rendono conto che talvolta sono proprio loro a rendere un comportamento  perseverativo e quasi patologico,   perché arrivano a dare troppa attenzione a delle condotte alimentari che potrebbero essere solo occasionali.
Occorre un occhio attento e sensibile ai minimi cambiamenti , non solo comportamentali ma anche emotivi-relazionali del bambino,  che se si mantengono nel tempo, necessitano di  un’analisi accurata e di una strategia di intervento mirata. Con le limitazioni e la razionalità non è possibile intervenire fin dall’inizio per tamponare il problema, perchè questi saranno gli obiettivi ultimi che il bambino dovrà perseguire e noi dovremo aiutarlo gradualmente in questo processo di acquisizione della consapevolezza di sé e delle conseguenze delle proprie azioni sul suo corpo.


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